#Gv. 4,43-54
Mi colpiscono le parole di Gesu’:
“Se non vedete segni voi non credete”.
E’ vero.
Spesso ci comportiamo con Lui come se fosse il “Supermercato dei miracoli e delle grazie”.
Entro dentro,
chiedo,
prendo “ciò che mi serve”,
pago,
forse ringrazio,
e vado.
Così si vuol fare anche con Gesù.
Chiedo “la grazia” che mi serve.
Pago con “una preghierina”.
Forse ringrazio.
E arrivederci.
C’e’ un insegnamento
che dobbiamo imparare.
Sono testimone di “grazie” ottenute istantaneamente.
E anche di grazie che sono state concesse quando credevo ormai non arrivassero piu’,
perché rimaste incagliate nella “burocrazia” del Cielo.
Così come di grazie “non approvate”,
respinte al “mittente”,
chissà mai perché.
Pero’ mi è capitato anche di essermi trovato a dire:
“Meno male quella cosa che ho chiesta non me l’hai concessa.
Sai che disastro sarebbe stato!!!”
Dobbiamo arrivare ad aver fiducia in Dio.
Lui vede meglio e piu’ lontano di noi.
Se crediamo che Lui ci ascolta e si prende cura di noi,
allora dobbiamo arrivare a credere che anche la grazia non ricevuta e’ “una grazia”.
Dobbiamo aver fede.
Non c’e’ preghiera che non venga ascoltata da Dio.
Neanche una va’ persa.
Nessuna richiesta e’ da Lui dimenticata.
Noi pero’ continuiamo il cammino.
E’ il “cammino” di vita verso Gesu’ la grazia piu’ grande che possiamo ricevere.
Le altre “grazie”,
quelle che chiediamo,
come quelle che otteniamo,
magari perche’ qualcuno le ha chieste per noi,
sono come fiori che adornano il cammino.
Prego che questo cammino quaresimale porti a voi,
e a me,
“grazia su grazia”.
“Tuo figlio vive”
C’è un’altra frase che però mi è rimasta dentro il cuore.
Penso alla grande disperazione di questo funzionario,
che vede il figlio ogni giorno,
morire un po’ di più.
Ricorrere a Gesù deve essere stata per Lui,
“l’ultima possibilità”
Chissà con quale stato d’animo,
di speranza misto a disperazione si è rivolto a Lui.
In questo periodo ,
più di una persona mi chiede di pregare per il “figlio/a che sta’ male”,
che “si è perso”,
che è “in crisi”,
che “ha perso la fede”,
e vive come se Dio non esistesse.
“Tuo figlio vive” dice oggi Gesù.
Afferra questa “frase”,
fratello caro,
sorella cara,
E falla tua.
Quanto è importante portare i figli a Gesù.
Quanto è importante parlare di loro a Dio.
E affidarli.
“Tuo figlio vive” dice Gesù.
Perché tu,
con la tua fede e la tua preghiera,
lo mantieni in vita.
Non smettere mai di credere a queste parole.
C’è tanto bisogno di questa tua fede.
Il mondo ne ha bisogno.
Ma non è solo “Tuo figlio/a vive”.
Ma anche “tuo marito/moglie vive”.
“Tuo fratello/sorella vive”.
“tuo padre/madre vive”
“………..…………”
Tutti vivi.
Con Gesù.
Vivi grazie anche alla tua preghiera.
Perché la preghiera
unisce la terra e il Cielo.
E opera miracoli che noi ora non vediamo.
La speranza diventa certezza.
La certezza diventa carezza.
La preghiera un fiore rosso.
Che produce frutti buoni e belli nella vita di chi incontri.
Grazie Gesù.
Grazie fratello,
grazie sorella.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 4,43-54
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.