Gv.11,45-56
Il terrorismo della paura funziona sempre.
Se vuoi ottenere qualcosa non devi dare una ragione valida, bensì una paura valida affinché si smetta persino di ragionare pur di risolvere la paura.
È con questo tipo di strategia che si fa spazio nei contemporanei di Gesù l’idea sempre più forte di ucciderlo.
Ma lungi da noi pensare che noi siamo migliori.
Basta guardare le nostre vite per accorgerci di quanto potere diamo alla paura e a ciò che essa ci suggerisce.
Ad esempio la paura di soffrire ci dice che non dobbiamo permettere a nessuno di entrare troppo nel nostro cuore, e così commettiamo interiormente un delitto contro ogni tentativo di amore, ma ci diciamo che è “per una causa buona”.
Con ragionamenti così hanno portato Gesù in croce.
Il Signore ha sempre la capacità di riempire di un significato profondo le cose, anche le più sbagliate, ma ciò non toglie nessuna responsabilità alle nostre azioni.
Altrimenti questo ci metterebbe nella situazione di dire che il male è necessario al bene.
Il male rimane male.
Se Dio ha la capacità di saper trarre un bene da un male questo è perché solo Lui può fare una cosa simile.
Ma pensare che si faccia un male per raggiungere un bene significa giustificare il male stesso.
Mentre il male non ha nessuna giustificazione, e alla fine della storia, anche se finirà bene, chi ha compiuto il male dovrà rendere conto di ciò che ha fatto.
Dal Vangelo secondo Giovanni – Gv 11,45-56
In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».