Venerdì della XII settimana del tempo ordinario
Non ha un nome né un volto il lebbroso, perché è ogni uomo, siamo noi “il lebbroso”.
Lui chiede a nome nostro:
cosa vuoi Dio per me?
Ancora oggi si sente dire che il dolore è la punizione per i peccati,
o comunque “volontà di Dio”.
Abbiamo fatto coincidere la volontà di Dio sempre con avvenimenti tristi, negativi
e comunque spiacevoli della propria esistenza.
Noi non comprendiamo
cosa volesse dire essere lebbrosi
a quel tempo.
l’emarginato per eccellenza.
Sostanzialmente si era dei morti viventi perché la pelle ci mette in contatto con l’esterno.
Tutti noi abbiamo bisogno di essere accarezzati, abbracciati e toccati.
Ogni vita muore se non è toccata, muore di silenzi.
Il cuore può morire per assenza d’incontri.
Tutto avviene perché Gesù prova “compassione”.
In greco, letteralmente sarebbe l’amore viscerale, che ti tocca dentro, che ti “fa male la pancia”.
Per i sacerdoti il lebbroso è un caso, per Gesù è un uomo che ha bisogno.
E allora rompe i tabù,
lo tocca sapendo di diventare impuro per la legge.
Le leggi non sono importanti in sé,
ma sono al servizio dell’uomo.
Ma Gesù supera la legge con la misericordia.
Non dimentichiamolo mai: per Dio l’uomo è sempre puro e vale più della legge.
Una carezza vale più della legge.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 8, 1-4
Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».