Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate il Dio di Giacobbe!
Intonate il canto e suonate il tamburello,
la cetra melodiosa con l’arpa.
Suonate il corno nel novilunio,
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
Questo è un decreto per Israele,
un giudizio del Dio di Giacobbe,
una testimonianza data a Giuseppe,
quando usciva dal paese d’Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
“Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
Hai gridato a me nell’angoscia
e io ti ho liberato;
nascosto nei tuoni ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Meriba.
Ascolta, popolo mio:
contro di te voglio testimoniare.
Israele, se tu mi ascoltassi!
Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo
e non prostrarti a un dio straniero.
Sono io il Signore, tuo. Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto:
apri la tua bocca, la voglio riempire.
Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti!
Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano;
quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre.
Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia”.
Commento
Il salmo è stato scritto per la celebrazione della festa delle capanne, come comunemente si dice. Tale festa celebrava la permanenza nel deserto e l’alleanza del Sinai; per l’occasione il popolo costruiva delle capanne di frasche. Il salmo doveva essere usato anche per la Pasqua, poiché questa era, per eccellenza, la festa di testimonianza della liberazione dall’Egitto: “Una testimonianza data a Giuseppe, quando usciva dal paese d’Egitto”.
Il salmo, composto nell’immediato postesilio, inizia con un invito all’esultanza, alla lode a Dio, col canto e strumenti musicali.
Poi subito fa memoria della liberazione dalla schiavitù in Egitto: “Ho liberato dal peso la sua spalla, le sue mani hanno deposto la cesta”.
Il popolo a ridosso del mar Rosso aveva gridato nell’angoscia, e fu liberato dall’inseguimento dell’esercito Egiziano: “Hai gridato a me nell’angoscia e io ti ho liberato”. L’alleanza del Sinai fu la risposta a tutti gli interrogativi del popolo. Dio è e sarà fedele alla parola data; egli è grazia e fedeltà: “Nascosto nei tuoni ti ho dato risposta”. Il popolo fu poi messo alla prova per vedere se dubitava della fedeltà di Dio: “Ti ho messo alla prova alle acque di Meriba”.
Il salmo presenta poi il continuo comando di Dio di non rivolgersi ai culti pagani; lo presenta in forma di pressante invito: “Ascolta, popolo mio: contro di te voglio testimoniare. Israele, se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un dio straniero…”.
Ma, ecco: “Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti!”. Un crescendo di infedeltà portò Dio all’ira estrema contro il suo popolo; quella di abbandonarlo al suo consiglio, visto che a lui non davano più ascolto. E il consiglio fu di cercare alleanze con l’Egitto, di appoggiarsi servilmente agli Assiri, di seguire altri culti. Ne risultò che tutti si avventarono contro Israele, depredandolo, schiavizzandolo. L’ira estrema di Dio è proprio quando lascia l’uomo in preda al proprio consiglio.
Israele tornò da Babilonia e si mise a costruire il tempio, ma ben presto si arrestò (Esd 5,23; Ag 1,5) pensando piuttosto a fabbricare le proprie case, mentre subiva il timore dei popoli vicini (Esd 4,23s).
Il salmo continua a presentare la passione di Dio per il suo popolo: “Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie!…”; “Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia”.
Il fiore di frumento dà il miglior pane. Il miele di roccia è il miglior miele.
Coloro che accolgono la Parola avranno il miglior pane, che è Cristo, presente realmente sull’altare, e avranno il miglior miele, che è l’azione dolce e fortificante dello Spirito Santo.
Magnificat
L’anima mia magnifica il Signore *
e il mio spirito esulta in Dio,
mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà
della sua serva. *
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente *
e santo é il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia *
si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza
del suo braccio, *
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni, *
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati, *
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo, *
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,*
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen