Mercoledì della VI settimana del Tempo Ordinario
È interessante notare che, come per il racconto del sordomuto, anche questo del cieco che recupera la vista ha un preciso momento.
Marco pone tanto l’uno che l’altro tra la Sua azione rivelatrice e l’incredulità dei suoi che ricadono nel “cuore indurito” per mancanza di fede.
È interessante notare come Gesù opera i prodigi.
Non ama la spettacolarità, opera lontano dal chiasso e dalla curiosità irrispettosa.
Entra in un rapporto intimo e personale con la persona, la provoca ad entrare nelle profondità del suo essere e da lì operare la scelta per Lui o contro di Lui.
Oggi, è Gesù stesso che prende per mano il cieco e lo conduce fuori dal villaggio.
Quale delicatezza!
E mentre manifesta questa sua grande prossimità, nello stesso tempo chiede al cieco una personale e profonda accoglienza del dono della luce.
Nel testo odierno, infatti, il cieco non riprende a vedere subito e tutto. “Vedo gli uomini come alberi che camminano”.
E Gesù è lì, vicino e intimo, a imporgli di nuovo le mani.
E Lui, ecco, finalmente vede. L’insegnamento balza evidente: la fede è un essere “toccato” da Gesù che non lo fa però in modo magico. Coinvolge piuttosto il nostro pazientare in un esercizio di fiducia grande.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,22-26
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».