SANTA CHIARA VERGINE
La pericolosa domanda di Pietro sulla quantità del perdono ci ha inchiodati tutti su quella risposta di Gesù che parla di un perdono infinito.
C’è però da dire che Gesù non si è limitato semplicemente a dare una misura infinita di perdono, ma ha suffragato questo suo eccesso con il racconto della parola del Vangelo di oggi: un uomo ha un grosso debito, è talmente grande che l’unica maniera che il re ha di riscuoterlo è vendere lui, con tutta la sua famiglia.
Eppure basta la sua supplica a cambiare completamente la conseguenza di questo terribile debito.
Chi ha vissuto un’esperienza così traumatica dovrebbe minimamente rimanere segnato da una simile storia.
Vedersi condonato un debito così grande dovrebbe farci diventare per lo meno delle persone grate e diverse.
Ma Gesù prosegue la sua storia raccontando che quel servo graziato, uscendo dal colloquio che gli ha salvato la vita, incontra uno come lui che gli doveva una cifra davvero banale.
Ma alla supplica di comprensione dell’amico, quel servo risponde con un netto rifiuto e fa gettare in carcere l’amico fino al saldo di quel banale debito.
È talmente tanto grande l’ingiustizia che ha compiuto che lo viene a sapere il re, il quale mandandolo a chiamare gli dice: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”.
Ecco perché dovremmo perdonare sempre perché i primi ad essere stati grandemente perdonati siamo noi. Il problema però è molto semplice: ce ne siamo mai accorti di quanta misericordia abbiamo ricevuto?
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 18,21-19,1
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.