Giovedì- III settimana di Pasqua
In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Commento e riflessioni
La forza di cui abbiamo bisogno per vivere autenticamente la vita cristiana è una forza che viene dall’alto e che prende il nome di virtù teologale.
Nello specifico questa forza è tripartitica: la fede, la speranza e la carità.
Essendo dono non possiamo ritrovarle nelle nostre forze, ma solo in quella gratuità con cui Dio ci ama.
Liberi dall’ansia da prestazione che dobbiamo procurarcele da soli, veniamo ricollocati con gioia davanti a un Dio che muore dalla voglia di farci questo dono.
È l’intento di Gesù nel Vangelo di oggi quando dice esplicitamente: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”.
Quando pensi di non aver fede non perdere tempo a colpevolizzarti, domandala al Signore. Quando pensi di non avere speranza non perdere tempo a fingere di essere ottimista, domandala al Signore.
Quando pensi di non avere amore, non perdere tempo nel sentirti sbagliato domandalo al Signore.
In questo domandare Dio risponde attraverso il Figlio. Gesù è la maniera che Dio ha di donarci questi tre doni.
I sacramenti sono il Figlio.
Soprattutto nell’Eucarestia noi riceviamo una scorta di fede, di speranza e di carità.
Riceverla però non ci assicura che la useremo.
Per questo la Grazia provoca la nostra libertà, affinché al dono corrisponda una scelta.
Alla fede, alla speranza e alla carità corrispondano la fiducia, l’audacia e il saper morire per chi si ama.
Ha ragione quindi Sant’Agostino a ricordarci che “il Dio che ci ha fatti senza di noi, non ci salva senza di noi”.
La grazia e la nostra libertà diventano il binomio vero su cui si poggia la storia della salvezza, perché la redenzione non è semplicemente Dio che ci salva, ma noi che ci lasciamo salvare da Lui.
Non siamo salvi per forza, siamo salvi per dono e per adesione a questo dono.
Uno può anche lanciarti un salvagente ma tocca a te aggrapparti e farne buon uso.
Siamo chiamati a non sprecare il dono, o in assenza di esso a saperlo chiedere con umiltà.
L’umile è colui che chiede senza fingere autosufficienza.
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Don Luigi Maria Epicoco