SANTI CARLO LWANGA E COMPAGNI
In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori del- la vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; aveva- no capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
Commento e riflessioni
E’ un’immagine suggestiva quella che Gesù usa per descrivere la nostra vita.
In fondo ha ragione: non ci siamo fatti da soli, Qualcuno ci ha donato la vita e ce l’ha consegnata fidandosi di noi.
Se non ci fosse stata vera fiducia non si sarebbe allontanato, non ci avrebbe cioè fatti abbastanza liberi da poter scegliere e agire secondo ciò che più ritenevamo opportuno.
Ma è anche vero che questa vita che abbiamo ricevuto con fiducia, ha un suo termine.
La morte è il tempo in cui dobbiamo fare i conti con ciò che ne abbiamo fatto di tutta la fiducia che il Signore ci ha accordato.
Gesù dice che i vignaioli non vogliono saperne di consegnare i frutti.
Si comportano come se fossero i padroni.
È il nostro stesso atteggiamento che abbiamo quando pensiamo che non moriremo mai, che non dobbiamo fare i conti anche noi con la morte, che non siamo affatto i padroni di tutto.
Per capire che si muore non c’è bisogno della fede, basta solo essere realisti.
La grande questione è se vogliamo vivere la nostra vita spadroneggiando o avendone cura.
Troppo spesso tagliamo fuori Gesù dalla nostra vita solo perché ci ricorda che non siamo i padroni.
Uccidiamo Dio, cioè cerchiamo di farlo fuori dalle nostre vite, così potremmo vivere serenamente l’illusione di tenere tutto sotto controllo.
Per chi vive così, la fede non è un affare ma una rovina.
Per chi invece comprende il messaggio di Gesù allora la fede è il momento in cui proprio perché ci ricordiamo di non essere i padroni, riceviamo in dono una “buona notizia” (vangelo) che ci dice che la nostra ricompensa è diventare i figli del padrone e non solo dei servi premiati.
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Don Luigi Maria Epicoco