“Giovedì- XXVI settimana del T.O.”
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
Commento e riflessioni
Il lavoro dei discepoli sembra tutto il contrario dei nostri oggi.
Sono agnelli in mezzo ai lupi, impreparati; vanno loro verso chi li può cacciare; prendono indietro solo quello di cui hanno strettamente bisogno per continuare.
Ma, soprattutto, se il loro augurio di pace, il messaggio d’amore non è accolto, non hanno nulla da rimproverarsi; la pace torna su di loro e la missione va avanti.
Davanti alle parole “testimonianza”, “annuncio”, “ buona notizia”, il lavoro che siamo chiamati esplicitamente a fare ogni giorno da cristiani sembra difficile e oneroso.
Eppure, già dai primi giorni Gesù non ha mai voluto altro che il nostro provarci.
Ci chiama con i nostri difetti, che ci rendono indifesi.
Senza le maschere che usiamo per schermarci di solito dal mondo esterno, dalle normali ferite di ogni relazione umana.
Ci vuole autentici, mentre mostriamo di avere quella gioia di vivere e quella cura per gli altri che solo le persone amate incondizionatamente possono avere.
Per il resto, non importa se altri non ci amano, se sbagliamo qualche volta, se non siamo serafici come angeli o appassionati come i dodici.
Se siamo mossi dalla pace interiore, porteremo pace.
Se l’amore di Gesù ci ha commosso, commuoveremo, portandolo nei cuori disposti ad ascoltare e accogliere.
Gloria Ruvolo-getupandwalk
Rifletto
In quale occasione la chiamata a fare testimonianza ti è sembrata difficile?
Che cosa ti fa paura nello sbilanciarti per Gesù nelle relazioni con gli altri?